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I rimedi dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali nel contrasto al Revenge porn

Scritto da Roberta Pavone

A gennaio 2022 il Garante per la protezione dei dati personali è intervenuto per apportare un’integrazione al suo Regolamento n. 1/2019, concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante per la protezione dei dati personali.

Tale modifica si è resa necessaria in forza dall’art. 144-bis Codice della Privacy, introdotto dal D.L. 139/2021, il quale stabilisce che «chiunque, compresi i minori ultraquattordicenni, abbia fondato motivo di ritenere che immagini o video a contenuto sessualmente esplicito che lo riguardano, destinati a rimanere privati, possano essere oggetto di invio, consegna, cessione, pubblicazione o diffusione senza il suo consenso in violazione dell'articolo 612-ter del Codice penale, può rivolgersi, mediante segnalazione o reclamo, al Garante».

Il comma 5 di tale articolo dispone che il Garante, con proprio provvedimento, possa disciplinare le specifiche modalità di svolgimento del procedimento di segnalazione e le misure per impedire la diretta identificabilità dei soggetti segnalanti.

In ottemperanza a tale norma l’Autorità Garante, con la Deliberazione del 27 gennaio 2022, ha inserito nel Regolamento n. 1/2019 l’art 33-bis, rubricato “Revenge Porn”, per disciplinare la procedura online di segnalazione.

Pertanto, da quest’anno, l’iter per segnalare le condotte previste dal citato primo comma del 144-bis Codice Privacy consiste nella compilazione di un modello online presente in un’apposita sezione del sito del Garante, il quale, entro 48 ore dal ricevimento della segnalazione e fatta salva l’esigenza di acquisire un’integrazione delle informazioni fornite dal segnalante a fini di verifica, predispone il provvedimento volto a impedire l’eventuale diffusione del materiale oggetto di segnalazione.

Il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti è disciplinato dall’art. 612-ter c.p., il quale è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla legge n. 69 del 2019.

L’articolo è diretto ad incriminare la condotta di chi “invia, consegna, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate” tanto ove li abbia realizzati o sottratti quanto ove li abbia ricevuti o acquisiti. In quest’ultimo caso la rilevanza penale del fatto è subordinata al perseguimento del “fine di recare nocumento” alle persone rappresentate.

La norma disciplina il fenomeno noto come “Revenge Porn”, il quale, a dispetto del nome, ricomprende al suo interno una varietà casistica molto ampia.  Infatti il reato si può configurare anche quando le condotte vengono poste in essere da soggetti che non sono mai entrati in contatto con la persona offesa, ad esempio il c.d. “deep sex fakes” inteso come diffusione di immagini false o modificate tramite appositi software, oppure la divulgazione di immagini contenute mediante Trojan o Wireless Spy Cameras, nonché la pubblicazione di immagini a seguito dell’hackeraggio di un dispositivo.

Proprio in considerazione delle modalità di diffusione l’effetto che ne deriva è particolarmente devastante in quanto da una semplice condivisione può scaturire una sorta di effetto domino che fa sì che il materiale pornografico diventi di pubblico dominio.

Il delitto è punito a querela della persona offesa (soggetta ad un termine eccezionalmente pari a sei mesi) e la remissione può essere soltanto processuale, si procede d’ufficio se il fatto è commesso in danno di una persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.

Tuttavia, come già anticipato, le vittime possono anche ottenere dal Garante per la protezione dei dati personali l’emanazione di un provvedimento inibitorio direttamente nei confronti del soggetto attraverso il quale le immagini o i video illeciti vengono diffusi. Inoltre quando le immagini o i video riguardino minori, la richiesta al Garante può essere fatta anche dai genitori o dagli esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela. L’Autorità Garante, entro quarantotto ore dal ricevimento della richiesta, provvede ai sensi dell'articolo 58 del GDPR e degli articoli 143 e 144 del Codice della Privacy. I poteri previsti dal menzionato articolo 58 pertinenti alla fattispecie sono: lettera f) l’imposizione di una limitazione provvisoria o definitiva al trattamento, incluso il divieto di trattamento e lettera g) l’ordine di rettifica, di cancellazione di dati personali o di limitazione del trattamento e la notificazione di tali misure ai destinatari cui sono stati comunicati i dati personali.

In conclusione si rileva che l’introduzione del nuovo articolo 33-bis nel Regolamento n. 1 del 2019 permetterà al Garante di rafforzare i suoi strumenti di tutela e conseguentemente faciliterà il contrasto alla diffusione, in rete, di materiale di Revenge porn.

Infatti, sebbene già lo scorso anno il Garante, in collaborazione con Facebook e Instagram, aveva aperto un canale per consentire alle persone maggiorenni di segnalare un rischio di diffusione non consensuale di foto o video intimi su tali piattaforme social al fine di ottenere il blocco dei contenuti, oggi è presente uno strumento di difesa più ampio per le vittime di tale reato (in aggiunta alla tutela garantita dal Codice Penale), e ciò tenuto conto dell'intrinseca offesa che la diffusione di tale materiale arreca alla privacy e al trattamento dei dati personali.